mercoledì 8 aprile 2009

Qualcuno, forse per interesse, mi accuserà di protagonismo o vittimismo. Niente di tutto questo. Quando certe verità non si vogliono udire si cerca di coprirle con uno strato di illazioni, per usare un termine gentile. Ma qui qualcosa è già stato coperto: sono i morti! Pedine inconsapevoli facenti parte di un sistema che serviva soltanto ad alcuni, a costruire carriere sfavillanti colme di medaglie e riconoscimenti, di belle parole, di sfarzose cerimonie e di fanfare mentre, i veri protagonisti, lavoravano dietro le quinte respirando amianto e liquidi maleodoranti. Oltre il danno, la beffa! Ho sempre sentito dire da amici o conoscenti:" voi siete dei privilegiati, buon stipendio, bella divisa, sempre puliti, in ordine". Se avessero saputo cosa si nascondeva dietro qull'apparenza di "agiatezza" : umiliazioni di ogni genere, senza alcuna tutela. Chi era al comando poteva disporre di noi praticamente al cento per cento. Ricordo un BASTARDO( lasciatemi passare questo aggettivo perchè, l'interessato, se lo merita tutto)che poi era il mio capo macchinista in locale "macchine di prora" dove regolarmente facevo i miei turni di guardia in navigazione e che, al rientro in porto e con i macchinari, le tubazioni e quant'altro bollenti mi costringeva ad infilarmi in sentina (la parte più bassa di una nave dove si raccoglie di tutto, acqua sporca, olii, nafta etc. etc.) facendo la biscia per andare a pulire. Ogni volta mi ustionavo in varie parti del corpo e, purtroppo, non potevo lamentarmi con nessuno: se lo avessi fatto per me sarebbe stata la fine di ogni prospettiva. Questo psicopatico bastardo era un sardo (non ho assolutamente nulla contro gli amici sardi)del quale ometto il nome perchè potrebbe essere morto, magari all'inferno! Ricorderò per sempre quei sei anni trascorsi a bordo della Fregata (o fregatura?) Castore proprio grazie a questo bastardo. Spero legga queste parole e si riconosca! Ero ormai arrivato al limite della umana sopportazione, non sapevo più cosa fare e così, disperato, ricevuto l'ennesimo ordine di pulire la sentina, presi una bottiglia di whisky, mi infilai sotto il gruppo turbo riduttore delle turbine, nel punto più basso e quasi inaccessibile e cominciai a bere, a bere (pensate che, ancora oggi, sono praticamente astemio). Persi i sensi. Non so come riuscirono a trovarmi. So che mi risvegliai tre giorni dopo all'ospedale militare della Spezia. Ero stato in pericolo di vita. Mi venne a trovare il comandante che, per questa vicenda rischiava un'inchiesta e la carriera, volle sapere il perchè di quel tragico gesto. Spiegai, con grande timore, le mie ragioni e fortunatamente, fui ascoltato. Il bastardo fu sbarcato di lì a breve e, viva Dio, non lo rividi mai più. Quando tutto ciò accadeva avevo solo 18 anni! A distanza di tanti anni (42) è ancora vivo in me il ricordo di ciò che vi ho svelato. Sento ancora sulla mia pelle il dolore di quelle bruciature e, testimoni silenziose, alcune cicatrici sono ancora su di me, fedeli compagne di una vita a volte invivibile. Mi costa fatica parlare di queste cose. Sono troppo personali, troppo intime. Nemmeno mia moglie o i miei figli ne sono a conoscenza. Non so cosa potrebbero pensare. Spero non leggano mai queste parole.
Pietro Serarcangeli

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